Beni Culturali Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per il Polo Museale della città di Roma

4.5 Sala di Apollo

Sala di Apollo

Particolare della decorazione della Sala di Apollo

 

Il grande salone voltato, costruito al tempo di papa Niccolò V Parentucelli (1447-1455), costituisce l'ambiente principale del primo piano degli appartamenti papali in Castel Sant'Angelo. Agli inizi del XVI secolo, ad eccezione della preesistente Sala della Giustizia di origine romana, vi si aggiunsero gradualmente gli ambienti adiacenti destinati ad uso privato: la cappella, le due camere dette Sale di Clemente VII dal papa Medici che vi soggiornò nel 1527, in occasione del Sacco di Roma, e il piccolo ambiente riscaldato noto come "Stufetta"o bagnetto.
La decorazione pittorica all'antica è ispirata a un gusto che, già diffuso dalla scuola di Raffaello attraverso l'esempio delle Logge Vaticane, raggiunge qui un esito tra i più significativi mai ottenuti nel genere. Fu realizzata al tempo di Paolo III Farnese (1534-1549) e completata nel 1547 da Perin del Vaga e dai suoi collaboratori, precedentemente attivi nei piani superiori del Castello. Nella decorazione di questa sala, che costituisce il momento di chiusura del cantiere promosso dal papa, si distinsero particolarmente gli artisti Domenico Rietti, detto Zaga, e Pellegrino Tibaldi. Una fitta decorazione a grottesche su fondo bianco prevale sui dieci riquadri figurati con storie di Apollo che danno il nome alla sala e che trovano posto sul soffitto, assieme allo stemma, rovinato, di Paolo III.
Nelle lunette sono raffigurate le Arti Liberali che, assieme alle Muse, originariamente ospitate in sottili architetture dipinte alle pareti, richiamano il mito apollineo e il ruolo svolto dal dio greco, sul Parnaso, di protettore delle discipline artistiche ed intellettuali. Queste citazioni dalla mitologia pagana si associano all'araldica papale, in un richiamo all'amore per la cultura classica e neoplatonica professato da Paolo III fin dalla sua gioventù, trascorsa alla corte di Lorenzo il Magnifico. Gli emblemi della famiglia Farnese (il "Giglio di Giustizia" e il "Festina Lente", già appartenuto all'imperatore Ottaviano Augusto) rimandano costantemente al committente. Il suo nome trova posto sull'iscrizione del grande camino di marmo (Raffaello da Montelupo, 1540) e nei fregi delle porte, coronati ancora una volta dal suo stemma.
Sul pavimento in cotto, rifatto in stile nel XVIII secolo, si trovano tre aperture: la traccia di uno scarico delle acque piovane; uno sfiatatoio dell'antico mausoleo di Adriano; il foro dell'ascensore realizzato nel 1735 dal castellano di Clemente XII Corsini, Zenobio Savelli.

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pagina creata il 05/05/2009, ultima modifica 31/03/2022