
| L'ambiente fu chiamato Adrianeo per volere di Mariano Borgatti, primo direttore del Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo, che ne rinvenne i dipinti murali sotto l'intonaco durante i restauri del 1902. Esso costituì, assieme all'adiacente Sala dei Festoni, uno dei primi ambienti portati a termine nel corso dei lavori promossi in Castel Sant'Angelo da Paolo III Farnese (1534- 1549). Il fregio, dipinto sulla sommità delle pareti, non sembra rispondere ad un programma iconografico unitario. Realizzato da Luzio Luzi e aiuti tra il 1544 e il 1545, è suddiviso in diverse scene a tema mitologico, intercalate da figure di satiri. Al centro di ognuna delle pareti riquadri monocromi, incorniciati da finte cariatidi e telamoni barbuti, offrono vedute di monumenti anticamente collocati nell'area vaticana. Vi si scorgono la Naumachia di Domiziano; la Meta Romuli; il Circo di Caligola e Nerone (con l’obelisco oggi visibile in Piazza S. Pietro) e la stessa Mole Adriana sotto forma di pira funebre. A tali citazioni dall'Antico, più o meno puntuali, fanno da contrappunto gli otto riquadri maggiori, due per parete, con scene popolate da figure appartenenti al mondo dionisiaco: cortei di divinità e di menadi danzanti, satiri, scene termali, allusioni a culti orgiastici. Il gusto antiquario di Luzio attinge, più che all’esame diretto dei monumenti superstiti, alle descrizioni del tempo, desunte da antiche rappresentazioni monetali, e alle sculture classiche che si conservavano nelle collezioni dei più importanti palazzi signorili romani. |